(EX) LEGGE FALLIMENTARE. COS’È E COSA PREVEDE LA LEGGE SULLA CRISI D’IMPRESA

In questo articolo si  fa riferimento alle disposizioni previste dalla precedente Legge fallimentare, ossia il Regio Decreto del 16 marzo 1942 n. 267, contenente la disciplina del fallimento e delle procedure.

A partire dal 15 luglio 2022 è in vigore il nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII) pubblicato con il D.Lgs. n. 83/2022 che introduce nuove procedure concorsuali. Alcune di queste sono simili, comparabili al ‘vecchio’ codice. Clicca qui, per conoscere quali sono le nuove Procedure Concorsuali.


La legge fallimentare, ossia il Regio Decreto del 16 marzo 1942 n. 267, è il testo normativo contenente la disciplina del fallimento e delle procedure concorsuali.

In cosa consistono le principali procedure concorsuali e quali soggetti interessano? Dopo l'articolo dello scorso mese, in questo approfondiremo tali aspetti e vedremo cosa è stato previsto per questo importante testo normativo.

Legge fallimentare e procedure concorsuali
Le procedure concorsuali, la cui principale disciplina è contenuta nella Legge fallimentare, sono una serie di procedure giudiziali previste dal diritto fallimentare italiano, volte a risolvere lo stato di crisi di un'impresa e a soddisfare coloro che vantano un credito nei suoi confronti.
Tali procedure comprendono:
❖ il fallimento;
❖ il concordato preventivo;
❖ la liquidazione coatta amministrativa;
❖ l’amministrazione straordinaria.

 

legge fallimentare


La procedura concorsuale del fallimento

Il fallimento, nel nostro ordinamento, è un istituto finalizzato a soddisfare i creditori di una azienda attraverso la liquidazione del patrimonio dell’imprenditore, a cui può essere fatto ricorso in presenza di determinati presupposti.

La procedura del fallimento è volta all’accertamento dell’insolvenza dell’imprenditore, all’accertamento dei crediti vantati nei suoi confronti e alla loro successiva liquidazione secondo la logica della parità di trattamento dei creditori, tenendo conto delle cause legittime di prelazione.

I requisiti per il fallimento e le sue conseguenze

Il fallimento, in linea di massima, causa la perdita della capacità processuale relativamente ai rapporti patrimoniali, nei quali il curatore prende il posto del soggetto fallito.
Per poter dichiarare il fallimento, sono richiesti due presupposti, uno oggettivo e uno soggettivo.
Il presupposto oggettivo prevede che l'imprenditore, per essere dichiarato fallito, deve essere insolvente, ovvero non essere più in grado di adempiere regolarmente alle sue obbligazioni (art. 5 del regio decreto n. 267 del 1942).

Il presupposto soggettivo, individuato dall’art. 1 della Legge fallimentare, invece, individua gli imprenditori che svolgono attività commerciale, escludendo di fatto gli enti pubblici e i soggetti che dimostrano il possesso congiunto dei seguenti requisiti:
● aver avuto, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito della istanza di fallimento o dall'inizio dell'attività se di durata inferiore, un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore ad euro trecentomila;
● aver realizzato, in qualunque modo risulti, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell'istanza di fallimento o dall'inizio dell'attività se di durata inferiore, ricavi lordi per un ammontare complessivo annuo non superiore ad euro duecentomila;
● avere un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore ad euro cinquecentomila.
Questi limiti possono essere aggiornati ogni tre anni, attraverso decreto del Ministro della Giustizia in base alle variazioni degli indici ISTAT.

Il concordato preventivo e la Legge fallimentare

Il concordato preventivo è uno strumento a disposizione dell'imprenditore per evitare preventivamente la dichiarazione di fallimento. In questo modo il soggetto insolvente o in crisi può evitare la liquidazione attraverso un accordo in grado di soddisfare, anche se in maniera parziale, i propri creditori.
La procedura negli ultimi è stata oggetto di una serie di interventi di ristrutturazione che l’hanno modificata, favorendo così la prospettiva del risanamento e soprattutto cercando di tutelare il prosieguo dell'attività imprenditoriale.
L’obiettivo del concordato preventivo non è solo quello di salvaguardare il debitore, ma anche di tutelare chi vanta un credito nei suoi confronti. Infatti, se da un lato l’imprenditore può fermare ogni possibile azione esecutiva nei suoi confronti, dall’altro il creditore potrà evitare la lunga attesa dovuta alla procedura fallimentare. In altri termini potrà conseguire in un tempo ragionevole il soddisfacimento seppur parziale del suo credito.

I presupposti per l’ammissione al concordato preventivo

L’ammissione al concordato preventivo dipende da due presupposti formulati nell’art. 160 della legge fallimentare. Secondo il testo dell’articolo, infatti, l’imprenditore insolvente può proporre un accordo ai propri creditori sulla base di un piano che può prevedere:

● la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma, anche mediante cessione dei beni, accollo, o altre operazioni straordinarie, tra cui l'attribuzione ai creditori, nonché a società da questi partecipate, di azioni, quote, obbligazioni e altri strumenti finanziari;
● l'attribuzione delle attività delle imprese comprese nella proposta ad un assuntore;
● la suddivisione dei creditori in base a classi omogenee secondo interessi economici e posizione giuridica;
● trattamenti differenziati tra creditori appartenenti a classi diverse.

La domanda di ammissione al concordato

La domanda di ammissione alla procedura deve essere presentata dall'imprenditore al tribunale dove l’azienda ha la sua sede principale.
Alla domanda devono essere allegati una serie di documenti al fine di permettere una valutazione, che consenta di verificare l'opportunità o meno di ricorrere a tale strumento.
In base all’art. 161 della Legge fallimentare i documenti sono:
● un bilancio d'esercizio che metta mostri la situazione patrimoniale e finanziaria nonché il risultato economico dell'impresa nell'esercizio in esame;
● una relazione avente carattere estimativo inerente a tutte le attività facenti capo all'impresa in quel determinato periodo di riferimento;
● un quadro concernente l'elenco dettagliato dei titolari di tutti i diritti reali o personali all'interno dell'azienda;
● una relazione che esprima il valore di tutti i beni riferibili all'imprenditore e i nomi degli eventuali creditori dei soci a responsabilità illimitata.

La liquidazione coatta amministrativa

La liquidazione coatta amministrativa è una procedura concorsuale alternativa al fallimento. Quest’ultima, oltre alla liquidazione dei beni dell'imprenditore a favore dei creditori, si contraddistingue per la sua finalità pubblicistica. Infatti, tutela primariamente l'interesse pubblico legato alla natura o all'attività dell'impresa.
Questa procedura è riservata a particolari categorie di enti, aziende o società, la cui situazione di crisi o insolvenza può cagionare danno all'interesse pubblico e alla collettività.

I presupposti soggettivi e oggettivi della liquidazione coatta amministrativa

Per quanto riguarda i requisiti soggettivi, questa procedura può essere applicata a quelle realtà imprenditoriali (assicurazioni, istituti di credito e banche ed enti pubblici) la cui attività è di rilevanza pubblicistica o che operano in rami dell’economia sotto il controllo pubblico.

Dal punto di vista dei requisiti oggettivi, invece, la procedura può essere avviata in presenza di gravi irregolarità, per violazioni di norme di legge, regolamenti, o norme dettate nel pubblico interesse, la non conformità dell'attività al fine istituzionale o all'interesse generale, nonché, nel caso in cui l’organizzazione versa in una situazione di insolvenza.


L’amministrazione straordinaria

L’amministrazione straordinaria è l’istituto, previsto dal decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, teso a risanare lo stato patrimoniale di insolvenza delle grandi imprese commerciali attraverso la prosecuzione, la riattivazione o la riconversione delle attività.
Tale procedura concorsuale cerca di accordare interessi differenti: da un lato il soddisfacimento dei creditori, dall’altro la salvaguardia della realtà produttiva e i suoi dipendenti.
L’amministrazione straordinaria, analogamente alla liquidazione coatta, ha natura amministrativa: la sua gestione, infatti, è affidata al Ministero dello Sviluppo Economico.


I requisiti per l’amministrazione straordinaria

La procedura dell’amministrazione straordinaria riguarda sia le imprese individuali che collettive (ad eccezione delle società cooperative) che presentano i seguenti requisiti:
● un ammontare complessivo dei debiti non inferiore ai due terzi dei ricavi e dell’attivo dello stato patrimoniale dell’ultimo esercizio;
● la presenza di reali prospettive di recupero dell’equilibrio economico;
● un numero di occupati complessivo non inferiore a duecento unità da almeno un anno.


La Legge fallimentare e il nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza

A dispetto di una lunga serie di riforme ed interventi legislativi (decreto legislativo 5/2006, decreto legislativo 169/2007, legge 69/2009, legge 122/2010, legge 134/2012, legge 221/2012, legge 98/2013, legge 9/2014, legge 132/2015, legge 119/2016, decreto legislativo 54/2018 e decreto legislativo 23/2020), la Legge fallimentare ha continuato a svolgere la sua funzione di riferimento normativo per il superamento della crisi d’impresa fino ai giorni nostri, anche a dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della legge n.155 del 19 ottobre 2017, che ha dato poi luogo al decreto legislativo n. 14 del 12 gennaio 2019, conosciuto con il nome di Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza.

Questa nuova disciplina, che sarebbe dovuta entrare in vigore il 15 agosto 2020, è stata rinviata al 1 settembre 2021 dall’art. 5 del decreto legislativo 23/2020 a causa dell’emergenza Covid-19.

Il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza offre una visione più attuale e organica delle procedure di risoluzione delle crisi imprenditoriali. Le principali novità che introduce sono:
● il termine fallimento viene sostituito da “liquidazione giudiziale” in conformità a quanto avviene negli altri Paesi europei;
● viene introdotto il meccanismo di allerta con il fine di permettere la pronta emersione della crisi;
● vengono ridotti i costi delle procedure concorsuali;
● si dà la priorità alle procedure alternative rispetto a quelle dell’esecuzione giudiziale;
● viene uniformata e resa più snella la disciplina dei diversi riti speciali previsti dalle disposizioni in materia concorsuale;
● introduce un albo dei soggetti destinati a svolgere funzioni di controllo e gestione relativamente alle procedure concorsuali;
● si armonizzano le procedure di gestione della crisi e dell’insolvenza dell’imprenditore e sono introdotte nuove forme di tutela dei lavoratori.

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